A guardare i Mondiali supertecnologici e organizzatissimi di oggi, le competizioni sportive dell’efficienza e della modernità, gli anni di Valle sembrano un’epoca remota, all’insegna dell’improvvisazione, dell’arrangiarsi.

Il più audace, il più matto forse, era Severino Menardi. Vincitore di cinque titoli italiani tra il 1931 e il 1935 in sci alpino, atleta soprattutto nello sci nordico, dove partecipò alle Olimpiadi del ’32 e del ’36 e ai Mondiali del ’33, Severino è stato la prima stella ampezzana dello sci. Il primo a brillare in un firmamento che tocca i Mondiali del 2021. Ma anche uno che era arrivato a frequentare intimamente Edda Ciano Mussolini, come ricorda Marco Dibona, e che era noto per i suoi colpi di testa, i gesti un po’ inconsulti, e perché no, per le frequentazioni femminili. Una lunga storia, quella degli ampezzani e delle discese, che parte dai primi sci rudimentali, fabbricati in legno e fatti alla maniera della Scandinavia, e passa per quei Mondiali di Innsbruck del 1933, in cui gli ampezzani erano tanti, tantissimi, «praticamente tutta la nazionale italiana», dice Giovanni Valle, «da Severino appunto a Renato Valle, Renato Dimai, Dario Demenego, Andrea Lacedelli, e poi Ofelia Zardini Menardi», grande pioniera femminile dello sci in Ampezzo. Giovanni Valle è stato presidente dal 1976 al 1980 dello Sci Club Cortina: e in quel ruolo era anche l’organizzatore della Coppa del Mondo.


Le balle di paglia

A guardare i Mondiali supertecnologici e organizzatissimi di oggi, le competizioni sportive dell’efficienza e della modernità, gli anni di Valle sembrano un’epoca remota, all’insegna dell’improvvisazione, dell’arrangiarsi. Ma rivelano storie croccanti. «16 dicembre 1976. In una stagione di siccità assoluta, con l’atleta austriaca Annemarie Moser-Pröll che quel giorno dominò la Olimpia delle Tofane, eravamo rimasti letteralmente senza neve. E non c’erano cannoni. Bruno Alberti, ex atleta, era il responsabile delle piste. La neve la andavamo a prendere direttamente al Passo Giau, e la portavamo in Tofana con i trattori». Comprese le balle di paglia: a protezione degli sciatori, lungo tutto il bordo pista, non c’erano le coperture sintetiche con materiali all’avanguardia che ci sono adesso. C’era il fieno: sembrano due secoli fa, è solo qualche decennio. «Ma con il gelo il fieno diventava talmente duro che sembrava cemento. Non so quanto servisse, come protezione. Comunque, in quell’inverno del 1976-‘77 c’era un delegato tecnico austriaco estenuante. Che pretendeva balle di paglia dappertutto, su ogni angolo di pista, a protezione dei suoi atleti. Era talmente insistente che un giorno due operai locali si scocciarono. E due balle di paglia finirono direttamente nella sua macchina». Noie austriache, vendette cortinesi.

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