A San Vito vi era solo una religione, quella cattolica. Qui vivevano solo due preti: il pievano della parrocchiale ed il mansionario della Difesa. La seconda chiesa era la più amata dal popolo, in ricordo di quando la Vergine aveva protetto il paese dagli invasori tedeschi. Ogni frazione aveva poi una propria cappella (oggi non sono praticamente mai utilizzate e neanche aperte), con amministrazione e fabbriceria autonoma. La popolazione partecipava assiduamente a tutte le funzione religiose: messe, vesperi, processioni. In chiesa stavano rigorosamente divisi davanti gli uomini e dietro le donne. 

Le processioni erano assai numerose, specialmente in primavera, per invocare buoni raccolti. Oggi le processioni sono meno diffuse, ma ci sono ancora e sicuramente una delle più belle è giugno.

Fino alla metà del 1800 per le "rogazioni" si soleva andare oltre il confine, in un giorno di aprile o maggio. Le "rogazioni" erano tre: la prima a Valle di Cadore a pregare San Martino, la seconda a Pescul da Santa Fosca e la terza in Ampezzo ad invocare San Nicolò di Ospitale. Vi partecipavano solo gli uomini. L'assente ingiustificato veniva multato di due lire. Se non aveva denari, cosa molto probabile, il Marigo era autorizzato a recarsi nella sua stalla a prelevare una pecora da mettere all'incanto. 

Quando queste lunghe processioni furono soppresse, si ripiegò su quelle attorno al paese. 

Le pratiche religiose, conforto e sollievo alla dura vita quotidiana, continuavano per molte famiglie fra le mura domestiche. Non era raro infatti che la sera vi si recitasse il Rosario, nella stua.

L'insegnamento della religione avveniva anche nelle scuole.